Qu’est-ce que j’ai vu? Dentro le piéne di Interazioni Festival

Il laboratorio di visione LeREM racconta una giornata di Interazioni Festival, con le performance di Valentina Sansone, Greta Francolini e Stefania Tansini

Foto di Futura Tittaferrante / Interazioni Festival

J’ai vu la femme du festival écrire sur le vitre.
J’ai vu les gens prendre du photo.
J’ai vu une femme qui partage les écouteurs aux gens.
J’ai vu des chiens sur la route avec la lumière sur le coup.
Souleymane Bah

Per questa edizione di Interazioni Festival , diretta artisticamente da Salvo Lombardo / Chiasma, il laboratorio di visione multi.lingue parte dalla lingua che percepiamo con gli occhi, dal segno visivo, dall’immagine che resta tra noi come significato. Il laboratorio, che ha accompagnato l’ultimo fine settimana del festival coinvolgendo sguardi dall’Afghanistan, l’Armenia, la Guinea, l’Italia, l’Iran, la Libia, la Russia e gli USA, si è concentrato sulla ricerca suggerita dagli ultimi giorni del festival, del varcare la soglia di una poetica visiva, corporea e spaziale, che non procede per vocaboli ma per una minuziosa costruzione fisica di immagini.
Trascinati dalle “Piène” — tema del festival — del festival e della mobilitazione globale di questi giorni, ci siamo ritagliate un tempo insieme dentro e fuori lo Spazio Diamante, raccolti intorno a una semplice domanda: “che cosa abbiamo visto?”, quasi cercando di compilare un vocabolario di immagini per dialogare tra noi e con chi non era con noi. Quante lingue parla un festival, ci chiedevamo prima di iniziare il laboratorio con la direzione artistica del festival, e mentre ce lo chiedevamo il festival ci rispondeva con un’altra domanda: cosa intendiamo quando parliamo di lingue, e come superare il linguicismo, il fonocentrismo e l’appropriazione culturale? Lasciamo allora significare le immagini, sapendo che nei loro salti semantici sono le prime a mantenere vivo quello spazio di ambiguità invocato da una delle partecipanti, Mina Momeni: “l’arte, più che fornire risposte, deve mantenere viva la capacità di fare domande. Il suo compito non è produrre certezze, ma creare lo spazio per vivere nell’ambiguità. Nel momento in cui la domanda si trasforma in una risposta definitiva, l’arte abbandona la sua libertà vitale ed entra nel territorio dell’ideologia. E l’ideologia è il luogo dove l’immaginazione muore.
L’arte non deve predicare, né salvare, né richiedere sacrifici. Deve mantenere aperto lo spazio per pensare, affinché possiamo entrare in contatto con l’altro non attraverso la visione della ferita, ma attraverso la comprensione della complessità del vivere”.

Luca Lòtano e Zara Kian

NON ERA PREVISTO CHE NOI SOPRAVVIVESSIMO di Valentina Sansone

Foto di Futura Tittaferrante / Interazioni Festival

Che cosa abbiamo visto?

Una donna dietro un vetro che con un bacio insanguinato ha cancellato il confine tra sé e lo sguardo dello spettatore. Una ragazza che ha ballato, libera, inquieta, agile, triste, che ha ballato al ritmo di una musica incantevole.
Nino

Nella prima notte vidi il desiderio e la prigionia. Una ragazza colma di vita, di sogni, di luce negli occhi, ma rinchiusa dietro porte chiuse, dove ogni suo respiro veniva lentamente consumato.
Non avrei mai pensato che potesse sopravvivere — tanta era la forza che la vita stessa le stava strappando via.
Goli Azad

Una giovane ragazza all’interno di uno spazio chiuso, visibile solo da un lato grazie a una parete di vetro. All’inizio era seduta in fondo alla sala, poi si è alzata, si è avvicinata e ha iniziato a dare piccoli baci sul vetro. È partita la musica e la ragazza ha cominciato a danzare, sempre più intensamente, fino a respirare affannosamente. Alla fine ha ricominciato a baciare il vetro, ma questa volta con una differenza: dalla sua bocca usciva del sangue. E infine ha scritto sul vetro.
Mohamed Reza

Un membro dello staff del festival distribuiva gentilmente le cuffie. Sul pavimento di ciottoli c’erano dei cuscini per sedersi, mentre alcuni spettatori osservavano in piedi. L’aria era fredda. L’artista, già seduta nello studio, ci aspettava. Con un’espressione concentrata ha iniziato a danzare avvicinandosi a volte e allontanandosi altre. Fino a metà della performance dalle cuffie non si sentiva alcun suono. Poi, gradualmente, sono arrivati la musica, luci intense, il suono del respiro dell’artista, i suoi passi verso di noi. In quel momento, ho notato la cucina dello studio: il titolo di una poesia, da cui la performance era tratta, era scritto con il rossetto su una vetrata, rivolto al pubblico.
Zara Kian

Ho visto uno spettacolo di danza di una ragazza dietro un vetro. Eravamo nel corridoio a guardarla, e lei guardava noi, con le cuffie nelle orecchie. La ragazza ha iniziato a ballare, l’ho chiamata la danza della libertà, perché una volta ho visto un video di balli di persone che trionfano nella loro libertà. La sua danza ci assomigliava, e mi sono lanciato. A volte mi sento triste, a volte felice, con una luce che lampeggia intensamente. 

في العرض التاني كان رقصا ولكن كانت رقصة مختلفة كانت فتاة علي مسرح اسود مع ملابس سوداء بدأ العرض وهيا مستلقية  علي  خشبت المسرح بدأت بحركات غريبة بالنسبة لي ولكن كانت معبرة بالنسبة لي شعرت وكان الرقصة تعبر علي مشاعري وافكاري بين الخطأ والصواب العقل والقلب الفعل وردت الفعل مع الموسيقا كانت قوية مع حركات كانت سريعة قوية ولكن في نهاية العرض هدأت وبدأت بحركات بطيء ومريحة .
Ali Jubran

AND THEN THERE WERE NONE di Greta Francolini

Foto di Futura Tittaferrante / Interazioni Festival

Che cosa abbiamo visto?

Una donna sul palco che ha disposto i suoi arti su un vassoio. Ho avuto la sensazione di essere entrata in un museo, in una sala con sculture di ragazze realizzate da Lorenzo Bartolini o Rodin. Ho visto libertà, disinvoltura. Il tutto accompagnato da una bellissima voce femminile.
Nino

Un’altra ragazza, così persa nella sua fede da essere pronta a offrire ogni parte di sé a Dio.
Ma quel Dio non appariva più giusto, né misericordioso — sembrava crudele, come se per raggiungerlo si dovesse sacrificare la propria stessa esistenza, per essere degna della Sua grazia.
Goli Azad

Una ragazza che entrava con un vassoio in mano, come una cameriera, e cominciava a muoversi ritmicamente. Ogni tanto prendeva una parte del proprio corpo e la metteva sul vassoio, offrendola agli altri. Ha iniziato con le mani, poi è passata al corpo e alle gambe, fino a mettere tutto il suo corpo, cioè se stessa interamente, sul vassoio per offrirsi. Poi ha cominciato a spogliarsi, mettendo il proprio corpo nudo nel vassoio. Alla fine, il vassoio è rimasto vuoto, come se avesse seguito un processo che l’aveva condotta al nulla, al vuoto totale.
Mohamed Reza

Uno sfondo rosso intenso, una donna con un vassoio in mano che simboleggiava l’atto di “offrire” e trasformare il “corpo” in un oggetto da “esporre”.
Zara Kian

LA GRAZIA DEL TERRIBILE di Stefania Tansini

Foto di Futura Tittaferrante / Interazioni Festival

Che cosa abbiamo visto?

Una danza che ha tradotto lo smembramento in movimento. Ho visto tormenti, sofferenze, ma a volte c’erano anche momenti di serenità e tranquillità. Guardando quelle scene, anch’io ho provato grande sofferenza.
Nino

E infine vidi la terza ragazza — quella che mostrava la vita prima e dopo averla incontrata davvero.
All’inizio, il suo corpo le era estraneo, e il mondo intorno a lei un mistero.
Ma appena cercò di comprenderlo, una bestia chiamata “vita” le si scagliò contro.
Il terrore la avvolse, e lei non sapeva più chi fosse, né perché fosse lì.
Alla fine capì che, per continuare a vivere, doveva imparare a essere come se non esistesse:
silenziosa, lieve, invisibile — così che nemmeno la terra potesse sentirla… altrimenti…
Goli Azad

The dance performance reminded me of mental health and the various up and downs that come with it. I also wrote about how tired and alone the dancer looked.
Kaylah Walker

Una giovane donna, sdraiata a terra, che cominciava lentamente a muoversi come se soffrisse. Si agitava, si spostava da una parte all’altra, ma sembrava incapace di liberarsi, come se fosse stata imprigionata. Alla fine ha raggiunto una luce, e sembrava finalmente libera.
Mohamed Reza

Fino al momento in cui l’artista si è abbracciata e accarezzata, mi è sembrata carica di disperazione. Poi, per un breve istante, ho percepito uno spiraglio di luce. I movimenti erano intricati, quasi annodati, e in più momenti ho visto il corpo assumere forme che ricordavano le onde del mare o un uccello in volo.
Zara Kian

Zara Kian, Luca Lòtano, Souleymane Bah, Ali Jubra, Goli Azad, Khanum Yehoian, Mohamed Reza, Nino, Mina Momeni, Kaylah Walker, Lorena Benatti

Dopo aver visto:

NON ERA PREVISTO CHE NOI SOPRAVVIVESSIMO

Ideazione e regia: Valentina Sansone
Perfomance: Erika Ciccone
Produzione: Chiasma
Con il sostegno di ArtQ13

AND THEN THERE WERE NONE

Coreografia: Greta Francolini
Suono e scenografia: Domenico Palmeri
Produzione: Tir Danza
Coproduzione: Teatro Akropolis
Con il sostegno di Kinkaleri spazio K, Teatri d’Imbarco Teatro delle Spiagge, Company Blu, Teatri di Vetro, Centro Nazionale di produzione della danza Virgilio Sieni Cango, PARC performing arts research center.

LA GRAZIA DEL TERRIBILE

Di Stefania Tansini
Coreografia e danza: Stefania Tansini
Luci: Matteo Crespi
Suono: Claudio Tortorici
Video e foto di Luca Del Pia
Organizzazione e promozione: Federica Parisi

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