Come together. Visioni della REM Up To You 2023 su Studio su Afanisi di Ctrl+Alt+Canc
La prima sera del festival siamo al Cineteatro di Colognola per vedere lo spettacolo Afanisi, della compagnia Ctrl+Alt+Canc, con Francesco Roccasecca, Raimonda Maraviglia e Alessandro Paschitto. Lo spettacolo già dal nome ci parla di uno spostamento di accento; le tre persone in scena sin dai primi secondi invitano ed accompagnano il pubblico verso un cambio di postura rispetto alla visione di “uno spettacolo che c’è ma non c’è”. Non ci sono grandi scenografie, tutto è giocato sull’attivazione diretta dell’immaginario di ciascuno attraverso l’uso delle parole e delle domande, dello spazio, delle luci, del silenzio, del buio. Ogni persona nella sala è stimolata dagli stessi identici stimoli uditivi e visivi, ritrovandosi a vivere un’esperienza collettiva nello stesso tempo e luogo, ma anche del tutto specifica perché lo spettacolo a cui assiste è solo suo, nella sua mente, nel suo corpo, nei suoi ricordi.
Come scriverà poi Daiane, una delle persone che partecipano alla RE.M. di quest’anno, “è uno spettacolo unico con infinite possibilità di storie, ogni persona crea un personaggio e alla fine noi stessi siamo i protagonisti, scegliamo cosa pensare, cosa immaginare ma scegliamo anche quale parte di noi far conoscere agli altri e come ognuno vede qualcosa di diverso”. Dopo lo spettacolo, in cerchio davanti al Cineteatro, abbiamo incontrato la compagnia Ctrl+Alt+Canc.
Lila Rongione
L’intervista
Che significato ha il nome della vostra compagnia?
Alessandro Paschitto: Abbiamo scelto CTRL+ALT+CANC, quei tre tasti che uno pigia quando veramente non sa più che cazzo fare. È l’ultima spiaggia. Ci è sembrato che questo gesto disperatissimo avesse un valore simbolico. Allo stesso tempo va oltre ogni possibile pensiero, dialettica, problema e soluzione. È anche un gesto di grave insofferenza che si manifesta in questo sforzo convulso di premere ripetutamente i tasti. Ci è sembrato che, a forza di pigiare, si potesse aprire una strada che trascendesse il pensiero, la soluzione algoritmica, l’ideazione. Quando non sai più cosa fare… Cosa fai? Questo è CTRL+ALT+CANC per noi.
Il vostro spettacolo procede con una serie di stimoli che proponete al pubblico, chiedendo loro di immaginare persone e situazioni. Come reagite voi a questi stimoli? Anche voi rispondete a ciò che domandate di vedere e immaginare?
Raimonda Maraviglia: Funzioniamo in modo diverso. Io sì. Quasi sempre tutto quello che chiedo di fare in qualche modo lo faccio. Alessandro no, poco o niente. Franco invece non saprei…
Francesco Roccasecca: Per me dipende, ogni sera è diverso. Però diciamo che a volte toccare un tema emotivo è come se rimbalzasse su di noi e secondo me l’attore non deve farsi toccare emotivamente perché quando ciò accade qualcosa nell’acting cambia. L’attore consiglierebbe una strada mentre la strada è solo vostra. Siete voi lo spettacolo. Noi non dobbiamo suggerirvi niente.
Alessandro Paschitto: Io personalmente non lo faccio. Non fornire un feedback su ciò che vi proponiamo e poter avere quella neutralità ci consente di ottenere la risposta senza suggerire nulla.
Ci ha colpito anche il vostro utilizzo dello spazio: il teatro vuoto che viene esplorato, aperto, fatto cadere. Cosa e come cambia dello spettacolo a seconda del luogo in cui lo mettete in scena?
Raimonda Maraviglia: Cambia tutto rispetto al luogo in cui siamo.
Quella parte viene rigenerata ogni volta. Ci fa litigare tutto il tempo… Scherzo eh, però chiaramente è un po’ un rischio… Abbiamo dei moduli, un canovaccio, sappiamo che ci sono delle situazioni sceniche che si ripetono. Alessandro entra, vede tutte le possibilità che ci offre lo spazio, cerchiamo tutto quello che si può fare e capiamo in sequenza con la tecnica, perché realizziamo anche le luci e l’audio. Capiamo come può funzionare e cerchiamo di fare respirare il più possibile lo spazio, di sfruttare tutto.
Francesco Roccasecca: Questo ovviamente richiede un tempo di lavoro. Qui lo spazio offriva moltissime possibilità, abbiamo un po’ corso e cercato di carpirle un po’ tutte.
Come mai temi come sesso e morte sono così presenti in Afanisi?
Raimonda Maraviglia: Credo che alcuni argomenti come sesso, morte e malattia siano pieni di tabù e ciò renda difficile parlarne. Toccare questi temi, invece, crea una sorta di patto tra noi e gli spettatori dove diciamo: parliamone. Parliamone perché nella vita reale se ne parla. Perché quando si esce a bere con gli amici dopo un po’ si parla di chi piace e con chi si andrebbe a letto. È una cosa naturalissima, perché quindi non parlarne in uno spettacolo cercando un certo tipo di contatto? Noi proviamo ad entrarci nel modo più naturale e più diretto possibile, senza esprimere opinioni e senza supporre, ipotizzare o giudicare alcunché.
Francesco Roccasecca: Hanno anche più risonanza rispetto ad altre tematiche.
Alessandro Paschitto: Sono delle filigrane fondamentali. Non sono tanto la cosa di cui parliamo, quanto lo strumento tramite cui ci arriviamo. La sessualità, la morte e tutti gli altri temi che andiamo a toccare sono un modo per vedere come rispondiamo a questi dati temi. Tutte le cose su cui ci siamo soffermati e che ci hanno toccato – qualcuna più, qualcuna meno – ci restituiscono qualcosa. Di fronte a qualsiasi cosa noi ci troviamo di fronte – ancora prima di pensarci, ancora prima del voler rispondere in un certo modo – siamo già posizionati in una certa maniera. Questo posizionamento immediato racconta anche qualcosa di noi, al di là della nostra volontà, delle nostre intenzioni e della nostra consapevolezza.
Alla fine dello spettacolo voi vi sedete e diventate il pubblico, e dite agli spettatori di essere una “platea di spettacoli”. Cosa vedete in quel momento? Cosa avete visto stasera?
Raimonda Maraviglia: Trovo che ci sia un momento che si ripeta sempre simile ed è accaduto anche stasera. Quando dico “adesso siamo noi spettatori” percepisco un passaggio impercettibile nel quale il pubblico capisce, sente che è vero. Vedo che l’atmosfera è cambiata e che c’è stato un salto. È un bel momento perché sento di mollare, adesso siete voi gli attori e noi gli spettatori.
Francesco Roccasecca: Non saprei, credo di averlo capito emotivamente, ma non l’ho ancora razionalizzato. Ovviamente c’è un’atmosfera diversa, c’è qualcosa che è cambiato, lo sento.
Raimonda Maraviglia: Il cambiamento, esatto. Arriva all’improvviso, tutto insieme, arriva dritto in faccia. Fai tutto un teatrino, per poi dire: eccolo qui, sei tu lo spettacolo. Quello è il momento, proprio alla fine, lì c’è il cambio.
Foto di Carlo Valtellina
Allora facciamo un altro cambio! Adesso siamo noi gli artisti, fateci una domanda.
Alessandro Paschitto: In realtà avrei una domanda non per ora, ma per i prossimi giorni. Mi piacerebbe sapere se e come lavora dentro di voi il testo nel periodo a venire. Non tanto cosa succede nel momento, perché sul momento del rovesciamento finale sì, vedo una fotografia nuova di voi, però lì onestamente non vedo niente. Dovrei sentirvi nei giorni dopo e dire: oh ma ci hai pensato? Come è andata? Ti è tornato qualcosa? Magari niente.
Raimonda Maraviglia: Forse non si dovrebbe chiedere ma lo spettacolo ormai è fatto, non sono più attrice ma persona. Qual è quel passaggio in cui hai detto: oh, questo non me l’aspettavo. Non mi aspettavo che avrei pensato a questa persona, non mi aspettavo che sarebbe andata così… Perché è andata così? Quando si tocca il tema del sesso, ti viene in mente una persona e dici: ah, perché lei? Perché lui? Io avrei curiosità di sapere di ognuno quella cosa disturbante, che non ti aspetti, che ha fatto cortocircuito.
Francesco Roccasecca: La mia è molto simile: qual è il punto che più vi ha toccato che magari o è più respingente o accogliente, a seconda dell’emozione che vi ha suscitato?
Bianca Gotti e la RE.M
Le risposte della RE.M
Daiane Torres: Quando qualcuno non c’è più. Adesso sono qui e adesso non sono..ora sono qui, ora no. Morte. Quanto è importante l’altro per me, quanto io sono importante?
Daniele Cometti: La maggior parte delle volte, quando ci dicevate “pensa a qualcuno che ami” “ora a qualcun altro” “immagina che…”… mi ha reso triste. Mi ha reso triste rendermi conto di non riuscire a pensare a nessuno, per certe cose, e mi ha fatto pensare che forse ci devo lavorare. Forse sull’essere concentrati non solo su se stessi. Forse avrei voluto più tempo fra una domanda e l’altra per lasciare all’immaginazione il tempo per attivarsi.
Luca Lòtano: Mentre venivo qua a Bergamo da Roma, in treno, ripensavo a mio padre che tanti anni fa è venuto qua per la prima volta, quando aveva 10 anni. Lui è della Basilicata e non capiva che cosa significasse quando lo chiamavano terün. Pensa se avesse saputo già allora, quando era piccolo, che poi suo figlio si sarebbe ritrovato qua a Bergamo a fare una Redazione Multilingue con un gruppo di persone così vario. E allora quando mi avete chiesto di immaginare la persona, ho immaginato mio padre. Mio padre che salta, poi appare e scompare…poi muore.
Silvia Baldini: Io ho pensato a mio figlio in molte delle vostre proposte e quando mi avete chiesto di immaginare che muore mi sono resa conto che il mio cervello non ci riesce; come madre la mia mente, il mio corpo, non accetta di poter anche solo immaginare questa ipotesi talmente “contronatura”. Posso immaginare che muoiano amici ed amiche, parenti, genitori, io, perché la morte fa parte della vita prima o poi ma non posso immaginare che mio figlio muoia, anche se so che è possibile.
Asrin Alandge: Io ho pensato a mio figlio, sono stata malissimo. Non posso pensare che sparisca.
Daiane Torres: Io pure, ho pensato a mia figlia perché ho solo lei qui, mi sono commossa però perché tutte le vostre domande mi hanno fatto pensare a persone lontane come fossero vicine, ho sentito dolore ma anche meraviglia.
Mileide Andrade: Achei muito legal a maneira como eles interagem com público, quando falaram pra pensarmos em uma pessoa que a gente ama e depois imagina -la morta aí isso me tocou pensei no meu filho a sete meses não o vejo não abraço, e imaginar morto isso me tocou ,mas o que mais me chamou atenção foi a hora que entra a Samanta não consegui identificar se era a mesma pessoa
Mi è sembrato molto bello il modo in cui avete interagito con il pubblico, quando ci avete detto di pensare a una persona che amiamo e poi di immaginarla morta, questo mi ha toccato. Ho pensato a mio figlio, non lo vedo da sette mesi, non lo abbraccio, e immaginarlo morto mi ha toccato, ma ciò che ha davvero catturato la mia attenzione è stato quando è entrato Samanta, non riuscivo a capire se fosse la stessa persona.
Lila Rongione: Io sin dal principio sono rimasta stupita perché la prima persona che mi è venuta in mente quando avete chiesto di pensare a qualcuno..beh…non mi aspettavo quella persona… Non sono riuscita a focalizzarmi su una sola persona e mi sono chiesta in molti momenti se anche le altre persone stessero vivendo allo stesso modo, oppure riuscissero a focalizzarsi solo su un soggetto dall’inizio alla fine, mi sono sentita come un astronauta dell’inconscio, immersa in un viaggio onirico.
Laura Amponsah: Si anche io mi sono sentita come in un sogno. Non ho immaginato una persona reale; c’era questa ballerina che per qualche ragione rimaneva per tutta la storia, accompagnava il mio viaggio, anche durante la scena del bacio, dove la mia attenzione è stata molto presa e rapita perché quando aprite la porta in fondo alla scena lo spazio viene completamente stravolto. C’era lì quella Ballerina, che un po’ ballava un po’ fluttuava, come una visione, come in un sogno.
Ayoub Kahlaani: The kiss scene touched me a lot, I broke up 3 months ago, this relationship was important for me. The kiss followed by the scene of the man on the floor after a fall from an high point, death, make me thought about..that most of the times we realize the importance of someone, or something, only when we are facing something hard, bad, when you are in a black point … and maybe it’s too late … it make me think about the importance to find balance in life for giving to yourself and the people that you love and love you back the importance that is deserved, for appreciate life and important people before it’s too late.
Lesia Melnyk: я уявила саме тих реальних людей, хто по крові рідні і по сьогоднішній день такі чужі , немов їх зовсім не існує… Тобто , для мене не є важко відпускати назавжди людей , які роблять боляче ,- навіть , якщо то рідні сестри чи брати. Фальшивих забуваю , нових справжніх людей ціню і по мірі можливості оберігаю . Саме той епізод уяви близьких людей , мене повернув в минуле і сьогодення. Замітка : все що твоє від тебе не піде .
Ho immaginato quelle persone reali che sono parenti di sangue e che sono ancora così strane per me, come se non esistessero affatto… Ecco, per me non è difficile lasciare andare per sempre le persone che mi hanno ferito, anche se sono mie sorelle o fratelli. Dimentico quelle false, apprezzo le nuove persone reali e le proteggo il più possibile. È stato quell’episodio di immaginazione di persone vicine che mi ha riportato al passato e al presente. Nota: tutto ciò che è vostro non vi lascerà.
Foto a occhi chiusi. Di Sebastian Abdulahu
FOTO 1
Pioggia
Abbandono
FOTO 2
Amici… Coppia… Lasciarsi
Ultima cosa che pensi ma non lo dici… Ma volevi… Silenzio
FOTO 3
Famiglia… Malattia… Sei… Tre mesi di vita… La morte
Sorrido ma soffro
Guardarsi
FOTO 4
Con chi posso innamorarmi…
Chi è stronzo…
Aria fresca sul viso… Bacio sulle labbra
FOTO 5
Non sono pubblico… sono protagonista sul palco e nella vita
La RE.M Come together Up To You 2023
Dopo la visione dello spettacolo: