Guardare e guardarsi. A partire da un photovoice dopo la visione di Taca Tè

Lo spettacolo di Sanpapié con le domande e le immagini che genera in chi guarda

Durante la settimana dal 21 al 26 maggio si è tenuto a Bergamo il festival Up To You Spettacolo dal Vivo Festival 2024, con una Direzione Artistica Partecipata Under 30 e Qui e Ora Residenza Teatrale. All’interno del festival è stato proposto un progetto chiamato “Come Together”, focalizzato su diverse tematiche, tra cui interculturalità, multiculturalità, razzismo, antirazzismo e decolonizzazione del linguaggio e dell’arte. 
Nel contesto del progetto Come Together 2024, si sono distinti due percorsi principali: Rituals and Movement, condotto da Basam Abou Diab, e questo laboratorio di redazione Multilingue, culture, visioni e linguaggi RE.M. 2024 che ha riunito persone con diverse lingue e culture che si sono confrontate e riunite in laboratori pomeridiani.
Nel corso delle giornate del 23 e del 24 maggio 2024, la RE.M. ha deciso di utilizzare il metodo photovoice come metodo di ricerca. 

Ma facciamo un passo indietro…

Durante la serata di mercoledì 22 maggio, la RE.M. ha assistito allo spettacolo di danza Taca Tè dei Sanpapié, in cui due danzatori, Antonio Caporilli e Francesca Lastella, con la coreografia di Lara Guidetti, hanno messo in scena uno spettacolo in cui sguardi, espressioni e corpi erano al centro del palco, dando vita a un confronto fisico che ha esplorato le dinamiche tra le diverse generazioni. L’intensità e la profondità di questa rappresentazione hanno ispirato la RE.M. a formulare alcune domande, che sono state utilizzate come punto di partenza per il metodo photovoice

Che cos’è il photovoice?

Il Photovoice, termine composto da “photo” (fotografia) e “voice” (comunicare, dar voce), è un metodo di ricerca creativo che si focalizza sull’uso delle immagini per permettere ai diversi individui di esprimere le loro prospettive e la propria esperienza su un dato argomento. 
Iniziare la discussione con una foto rende più agevole affrontare un argomento, poiché le immagini hanno un potere evocativo unico, possono suscitare reazioni istantanee nel cervello e facilitare l’espressione dei propri pensieri e sentimenti, dettagli che possono sfuggire durante una semplice descrizione verbale.
La fotografia offre un’opportunità per narrare storie e comunicare emozioni e concetti complessi che potrebbero risultare difficili da esprimere solamente con le parole. Le immagini, infatti, superano le barriere linguistiche, consentendo a persone di diverse lingue di comprenderle senza la necessità di un codice linguistico comune, anche se le interpretazioni possono variare a seconda del contesto e del soggetto rappresentato.

I partecipanti

Hanno partecipato a questo lavoro alcuni dei membri della RE.M. di Up To You 2024.
La discussione è durata all’incirca un’ora e i partecipanti presenti erano nove, mentre una era assente fisicamente. Tuttavia, questa partecipante ha inviato la sua fotografia e le sue riflessioni tramite Whatsapp, apportando comunque il suo contributo al processo di ricerca. 
Le nazionalità di origine dei partecipanti erano diverse, comprendendo Italia, Spagna, Ucraina, Bosnia, Bangladesh e Brasile.

Fasi di ricerca

Fase 1: individuazione delle domande

Il pomeriggio di giovedì 23 maggio la RE.M. si è riunita dopo aver visto, la sera prima, lo spettacolo “Taca Tè” dei Sanpapié. Ripercorrendo lo spettacolo, la RE.M. è riuscita a individuare ed approfondire diversi argomenti, ispirati dalle dinamiche e dai temi esplorati dai ballerini Antonio Caporilli e Francesca Lastella. Questi temi hanno poi costituito la base per le domande utilizzate nel metodo photovoice

Le domande individuate sono:

  • Qual è il tuo rapporto con il tempo che passa?
  • Qual è la tua visione su gioventù e vecchiaia?
  • Che rapporto hai con i corpi, il tuo e degli altri?

Fase 2: spiegazione del metodo in gruppo 

Dopo aver individuato le domande, la RE.M. ha iniziato il processo coinvolgendo i partecipanti con una breve spiegazione del metodo stesso. Questa fase ha permesso a ciascun partecipante di comprendere appieno cosa dovrà fare e di porre eventuali domande per chiarimenti. Coinvolgere attivamente ciascun partecipante e dar loro spazio per esprimere le proprie opinioni e fare domande è fondamentale per creare un ambiente di ricerca inclusivo e motivante. Quando ogni individuo si sente parte integrante del processo decisionale e ha la possibilità di contribuire attivamente, si genera un senso di appartenenza e responsabilità nei confronti del lavoro di ricerca. Questo coinvolgimento diretto favorisce un maggiore impegno e motivazione da parte di tutti i partecipanti nel proseguire e portare avanti il lavoro.

Fase 3: discussione

Durante il pomeriggio di venerdì 24 maggio, la RE.M. si è riunita per la discussione in gruppo. Ai partecipanti era stato assegnato il compito di individuare delle foto e di scegliere fra le domande proposte. Ogni partecipante poteva decidere se rispondere a una o a tutte le domande e il giorno successivo si sarebbe discusso sull’argomento.

Questo approccio ha permesso ai partecipanti di riflettere individualmente sulle domande proposte e di selezionare le esperienze personali o le immagini che sentivano più rappresentative per rispondere. In questo modo, si è incoraggiata una riflessione personale prima della discussione collettiva, consentendo una maggiore varietà di prospettive. La sessione di discussione è iniziata con la condivisione delle immagini fornite dai partecipanti presenti. 

Si è deciso di registrare vocalmente la discussione per poter successivamente analizzare e rivedere gli argomenti e i punti chiave emersi durante la sessione.

Dopo aver ascoltato la prima restituzione, abbiamo guardato le foto di scena scattate da Carlo Valtellina durante lo spettacolo. Abbiamo così riscoperto in quei corpi, che avevano fatto nascere le nostre domande, le storie che stavamo raccontando. Abbiamo intravisto cosa ognuno di noi aveva visto nei corpi dei performer. Abbiamo allora sostituito le foto personali con quelle fatte a Francesca Lastella e Antonio Caporilli da Carlo Valtellina.

Guardare e guardarsi. Un photovoice nella visione di Taca Tè

Jacqueline ha deciso di rispondere a tutte e tre le domande con un’unica fotografia, che mostra due immagini, separate da una linea del tempo che collega il 2008 al 2024. La prima immagine, datata 2008, ritrae Jacqueline sorridente che abbraccia suo figlio. La seconda immagine, datata 2024, mostra Jacqueline e suo figlio seduti sul bordo di una piscina. Suo figlio, ora cresciuto e giovane adulto, abbraccia sua mamma. La combinazione delle due immagini rappresenta il passare del tempo, mostrando l’evoluzione del rapporto tra la madre e il figlio attraverso gli anni.

“penso che il mio rapporto con il tempo segua un accordo, non mi dispiace che passi e me lo lascio godere… E a questo ritmo continuiamo insieme, senza pretese, senza critiche per aver passato così tanto tempo veloce… andiamo fianco a fianco”.

“In questo tempo che passa osservo i cambiamenti con me stessa, spesso fisici (capelli bianchi, mancanza di collagene), non ho più l’energia che avevo, quell’energia, quell’entusiasmo che la giovinezza mi ha permesso di avere… Ma vedo che anche se mi manca la parte giovanile, in quel momento comincia a mostrarmi la parte di vecchiaia che posso avere, cioè magari non con le ginocchia che avevo una volta, quella disponibilità a passare notti insonni faccio festa e il giorno dopo vado a scuola, lavoro, ma con la saggezza che si acquisisce solo quando si invecchia.”

Partecipante 2: Ikram 

“Qual è la tua visione su gioventù e vecchiaia?”: nella foto, Ikram è immortalata mentre si lancia con il paracadute. Ecco come ha collegato quest’esperienza alla sua visione delle fasi della vita:

Ikram paragona la gioventù alla fase di briefing prima del lancio. È il momento in cui si è pieni di entusiasmo e curiosità, pronti a imparare nuove cose e a fare domande. Questa fase di preparazione rappresenta il periodo della vita in cui esploriamo il mondo e ci prepariamo per le sfide future.

  • L’atto di salire sull’aereo e prepararsi al salto rappresenta l’inizio dell’età adulta. In questo momento, si prende una decisione importante, proprio come quando si fanno scelte decisive nella vita. C’è un mix di emozione e paura, simile a quello che si prova all’inizio dell’età adulta, quando si è entusiasti ma anche preoccupati per ciò che riserva il futuro.
  • La fase di caduta libera, in cui si prova un senso di libertà e adrenalina, è paragonata nuovamente alla gioventù. Durante questa fase, ci si sente invincibili e pieni di energia, esattamente come durante la gioventù, quando si ha la sensazione di poter conquistare il mondo.
  • L’apertura del paracadute simboleggia l’arrivo della vecchiaia. Dopo l’adrenalina della caduta libera, tutto diventa più tranquillo e stabile. Si ha tempo per riflettere e apprezzare il viaggio, proprio come nella vecchiaia, quando si guarda indietro alla vita vissuta e si riflette su tutte le esperienze.
  • Infine, la fase in cui si plana verso la terra rappresenta la fase finale della vita. In questo momento, si apprezza il panorama e si riflette su tutto ciò che si è vissuto. Anche se può sembrare un po’ triste, è anche un’opportunità per essere grati per il viaggio compiuto.

“Questa è una riflessione che mi è venuta in mente a pranzo. L’8 ottobre del 2023 che era il mio compleanno, mi sono lanciata per la prima volta col paracadute. La mia visione di gioventù e vecchiaia è questa, l’ho paragonata molto ad un lancio in paracadute.”

Partecipante 3: Olexandra

“Qual è il tuo rapporto con il tempo che passa?”: Olexandra riflette sul rapporto con il tempo che passa attraverso la storia della propria nonna. 

Questa riflessione sottolinea come il passare del tempo sia segnato dalle persone che entrano ed escono dalla nostra vita e come queste relazioni evolvano. 

La nonna di Olexandra, che ha vissuto una vita lunga e attiva, è un simbolo di energia e indipendenza. La riflessione mette in luce l’importanza della famiglia e delle connessioni interpersonali, mostrando come il tempo cambi le dinamiche, ma anche come mantenga vivi i ricordi.

“Ho tante parole nella testa. Questa foto è della mia nonna. Significa i genti che va via dal nostra vita. La nostra vita cambia e cambia le nostre gente che è vicino a noi. Questo significa tempo che passa. La mia nonna è già morta, lei vive da 90 anni. Io sono nata quando lei era 60 anni, viva bellissima vita, perché noi sempre vicino a lei, e lei molto emozionata dal fino della sua vita, lei sempre energia, ha molto energia quando era giovani io avevo più energia, ma adesso io non posso fare altre. Non voleva la nostra aiuta, voleva fare tutto. Lei sempre fa tante cose per noi, da 30 anni, e non fa niente per la casa. E io non cucinava, non fa niente, non lava piatti perché lei fa tutto.” 

“Qual è il tuo rapporto con il tempo che passa?”: Olexandra riflette sul rapporto con il tempo che passa attraverso l’idea del Capodanno e le tradizioni legate all’albero di Natale. Utilizza l’albero di Natale come metafora per il passaggio del tempo. Ogni anno rappresenta un nuovo inizio, con l’albero di Natale che cambia aspetto e decorazioni, simbolizzando il cambiamento e il rinnovamento. Il ciclo delle stagioni serve come ulteriore metafora del tempo che passa, mostrando come ogni fase della vita porta nuove esperienze e trasformazioni. La tradizione familiare di fotografare l’albero di Natale ogni anno è un modo tangibile per osservare e riflettere sul passare del tempo.

“Capodanno significa un nuovo inizio, un anno inizia di nuovo. Ogni anno noi facciamo una foto dell’albero di Natale. Questo albero cambia. Cambia le sue decorazioni, il suo aspetto. Dipende dalla nostra visione, dalle nostre emozioni, dalla nostra vita, e dove noi mettiamo questo albero. Questo rappresenta il passaggio del tempo, delle stagioni. Quando passano le stagioni (primavera, estate, autunno, inverno) vediamo il cambiamento e il tempo che scorre. Questo è il mio modo di vedere il tempo, un ciclo continuo che si rinnova ogni anno.”

Per la domanda “Qual è la tua visione su gioventù e vecchiaia?” Olexandra presenta una foto di una bambola, ispirata all’anime “Ever After High”. Le bambole rappresentano i figli dei personaggi delle fiabe che devono scegliere se seguire le orme dei loro genitori o creare il proprio destino. Olexandra utilizza le bambole ispirate all’anime “Ever After High” per esplorare i temi di giovinezza e vecchiaia. Le bambole rappresentano il desiderio di mantenere le tradizioni familiari e il conflitto tra il voler seguire le orme dei genitori e il desiderio di libertà. La partecipante riflette anche sul suo “bambino interiore” e sul desiderio di giovinezza, che si manifesta attraverso la collezione di bambole e il gioco con sua figlia. Le bambole diventano così un simbolo di continuità e di legame tra passato e presente, tradizione e libertà.

“Questa foto è molto infantile, ma per me rappresenta giovane e vecchio. Io amo le bambole. Questo anime, ‘Ever After High’, è il nome della serie. Ho scelto tre bambole che ho comprato per la mia collezione. Queste bambole sono ispirate ai personaggi dell’anime, che sono i figli dei personaggi delle fiabe. Devono scegliere la loro vita, se seguire i loro genitori o creare il proprio destino. Ogni bambola ha il suo carattere, quando ero piccola non avevo bambole. Ora il mio bambino interiore, vorrei avere tante bambole, tanti lego, tanto“.

Per la domanda “Che rapporto hai con i corpi, il tuo e degli altri?” Olexandra descrive una foto che mostra l’ombra della sua mano sul ginocchio.

Questa immagine è usata per esplorare la percezione del proprio corpo e il confronto con le percezioni altrui. Questa riflessione utilizza l’ombra come metafora per esplorare la percezione del proprio corpo. Olexandra evidenzia come la nostra visione di noi stessi possa essere molto diversa da quella degli altri, e come queste percezioni possano influenzare il modo in cui vediamo e giudichiamo il nostro corpo. La soggettività della percezione è un tema chiave, che sottolinea l’importanza di riconoscere e accettare queste differenze nelle percezioni personali e altrui.

“L’ombra della mia mano e ginocchio. Il nostro corpo ha un rapporto con i corpi e con gli altri. Quando mi vedo da sola è diverso come mi vedono gli altri. Posso pensare che io magra, ma a me dicono che tu non sei magra anche quando io ho perso 20 kg, ero magra e mi vedevo grassa.”

Partecipante 4: Eva

Per la domanda “Qual è la tua visione su gioventù e vecchiaia?” Eva utilizza quest’immagine che ritrae due mani che si tengono, una di un bambino e l’altra di un anziano. Utilizza questa immagine per esplorare varie tematiche, come la bellezza, il valore sociale e il passare del tempo. Eva esprime tristezza per la perdita della gioventù e la percezione negativa della vecchiaia, evidenziando come la società spesso ignori le persone anziane. C’è un senso di rimpianto per non aver vissuto pienamente la vita e una critica verso la discriminazione basata sull’età. La riflessione offre uno sguardo sincero e personale sulla transizione dalla gioventù alla vecchiaia e sull’impatto che ha sulla percezione di sé e degli altri.

“Quando vedo questa foto e penso alla gioventù e alla vecchiaia, mi sento triste. Quando io ascolto la persona che dice che la vecchiaia è molto bella, io non penso così. Pensare che io sono quasi così e io ero come questo bambino, mi fa pensare al tempo che passa. Penso che non ho disfrutato la vita come io voleva. Ma penso che la gioventù è molto bella, come la pelle che è liscia, è tutta bella, l’altra la vecchiaia non è più bella, penso. è più bella la persona dentro, ma non fuori.”

Per l’ultima domanda ““Che rapporto hai con i corpi, il tuo e degli altri?” Eva decide di portare una foto scattata da lei durante un viaggio in Taiwan, dove ci sono due statue di ferro, una che rappresenta un corpo giovane e l’altra un corpo un po’ più grande.

Eva afferma che le statue per lei rappresentano una staticità, una rigidità, la stessa che può riflettersi nella nostra percezione di noi stessi. Quando ci confrontiamo con immagini di persone che sembrano essere statue, possiamo ritrovarci a riflettere sul nostro rapporto con il nostro corpo e con gli altri.

“È una foto che io ho fatto in Taiwan. Quando ho visto questa foto cercando per fare il compito, ho pensato “ok, io mi sento come uno di queste statue”, vale, rigida. Penso che gli altri sono giovani e io non più”

Partecipante 5: Francesca

Francesca ha scelto di rispondere alla domanda “Qual è la tua visione su gioventù e vecchiaia?” con una sua foto che la ritrae seduta in un autobus, con le gambe distese e i piedi appoggiati sul vetro di fronte a lei.

Questa immagine rappresenta per Francesca un simbolo di gioventù e libertà. Francesca associa la gioventù alla sensazione di libertà totale e al libero arbitrio. La postura rilassata e informale, con i piedi appoggiati sul vetro dell’autobus, simboleggia un comportamento che esprime questa libertà. Francesca nota che, a questa età, si sente libera di fare ciò che vuole, senza preoccuparsi delle convenzioni sociali. Confrontando la gioventù con l’età adulta, Francesca riflette sul fatto che, crescendo, la società tende a codificare i comportamenti, rendendo meno accettabile per un adulto agire con la stessa spontaneità e libertà di un giovane. Le azioni che sono viste come normali o persino divertenti in gioventù possono essere percepite come inappropriate o dissociate quando compiute da un adulto.
Francesca esprime il desiderio di non diventare una persona “standard” man mano che invecchia. Spera di mantenere la stessa attitudine libera e non conformista anche in età adulta, affermando che a 30 anni continuerà a mettere i piedi sul vetro dell’autobus, simbolo del suo impegno a non lasciarsi ingabbiare dalle aspettative sociali.

“mi ha ricordato quando te hai parlato di giovinezza, parlando della libertà, del libero arbitrio totalmente, che si può fare quello che vuoi e io completamente mi comporto come voglio perché, se io avessi 30 anni non lo farei. Questa foto per me rappresenta la gioventù, perché magari non si ha la piena consapevolezza che siamo veramente liberi, totalmente liberi, perché in questo sistema oramai siamo un po’ tutti codificati; quindi, chi ha la minima libertà adesso sono soltanto i giovani. Gli adulti se fanno certe cose, adottano certi comportamenti, vengono visti come se agissero con impertinenza, come se fossero una sorta dissociati. io quando crescerò non diventerò una persona standard. Quindi sì, a 30 anni metterò i piedi sempre li.”

Partecipante 6: Hasan 

“Qual è il tuo rapporto con il tempo che passa?”: Hasan riflette sul suo rapporto con il tempo che passa, evidenziando l’importanza delle amicizie e la solitudine provata durante la sua emigrazione. Hasan ricorda il suo caro amico del Bangladesh, con cui ha condiviso molti momenti a Tangail Sadar (una città del Bangladesh). Questo amico, che lui definisce come il suo “preferito”, è poi partito per l’Arabia Saudita. La partenza dell’amico ha segnato l’inizio di una fase di solitudine per Hasan.

Quando Hasan è arrivato in Italia, si è trovato senza amici. Anche se mantiene il contatto telefonico con il suo amico in Arabia Saudita, la mancanza di una presenza fisica ha un grande impatto su di lui. Il racconto di Hasan riflette un senso di nostalgia e tristezza per i tempi passati con il suo amico. Il tempo che passa è visto attraverso il prisma delle relazioni e della distanza geografica, rendendo il trascorrere del tempo un’esperienza emotiva.

Quando Bangladesh è solo io, non c’è mio amico. 
Questo amico mio preferito. A Tangail Sadar.
Il mio amico è andato in Arabia Saudita.
Io solo vengo in Italia, non c’è mio amico. 
Io sempre tristi che chiamano qualcosa di telefono.
Poi ho fatto il passport, poi dev’è andato in Italia. Mi amico in Arabia Saudita, sempre le chiamo, però solo amico lui io preferisco..”

Partecipante 7: Sebastijan

“Qual è il tuo rapporto con il tempo che passa?”: Sebastijan vede il tempo in modo non lineare. Per lui, il tempo non è un’entità che passa, ma siamo noi a passare nel tempo. Usa la fotografia di un orologio senza lancette, simile all’orologio di Alice nel Paese delle Meraviglie, per illustrare quest’idea. Spiega che la percezione del tempo è soggettiva: a volte un minuto può sembrare lungo e un’ora può sembrare breve. La sua riflessione sottolinea che il tempo è una costruzione, mentre noi siamo i veri agenti del cambiamento che si muovono attraverso di esso. Per la domanda “Qual è la tua visione su gioventù e vecchiaia?” Sebastijan adotta una visione ciclica della vita, paragonandola a un cerchio naturale dove tutto si trasforma, ma nulla si crea o distrugge completamente. Parla di una pianta o di un albero che cresce utilizzando le sostanze presenti nella terra, mostrando come la vita e la morte sono parte di un ciclo naturale continuo. Questa prospettiva lo ha aiutato a superare la paura della morte, riconoscendo che la fine di una cosa è solo l’inizio di un’altra. La gioventù e la vecchiaia non sono quindi punti di inizio o di fine, ma semplicemente fasi all’interno di questo ciclo.

“una pianta, un albero, perché non si distrugge niente, non si crea niente. Tutto circola in natura e noi facciamo parte di natura, la nascita e la morte non è ne inizio, ne fine, soltanto parte, circolo. Noi un giorno andremo sotto terra, così la pianta cresce, usando la materia sotto terra.”

“Che rapporto hai con i corpi, il tuo e degli altri?”: Sebastijan non distingue tra i corpi giovani e vecchi. Per lui, tutti i corpi sono belli e dignitosi, indipendentemente dall’età o dalle condizioni fisiche. Ha una visione rispettosa e inclusiva di tutte le forme umane.

“Non riesco a fare questa differenza tra un colpo giovane per qualcuno è bello, è bello formato bello e magari un corpo vecchio, pieno di rughe ingrassato. Io non riesco a fare questa distinzione, non riesco a distinguere, per me il corpo è sempre corpo, è bello il corpo, anche senza una gamba”

racconto e pratica del photovoice condotta da Ikram Baraghoui
con contributo di Oleksandra Kocherba, Eva María Grau Manchón, Sebastijan Abdulahu, Jacqueline Dell Amatrice de Oliveira, MD Hasan Molla
tutor e abbinamento visivo Luca Lòtano e Silvia Baldini

Dopo la visione dello spettacolo

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