Turandot, con gli attori dell’Opera di Pechino

Con il gruppo di teatro comunitario della scuola di italiano Asinitas siamo andati a vedere Turandot, una produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Metastasio di Prato e China National Peking Opera Company.

Il giorno prima di andare al Teatro Argentina a vedere Turandot parlo con Xiao Xiao, studentessa della scuola di italiano di Asinitas, per chiederle se ha voglia di fare da interprete durante l’incontro con la compagnia cinese dell’Opera di Pechino. È il giorno del capodanno cinese, scopro così che in Cina sta iniziando l’anno del maiale. Iniziamo parlando dei segni zodiacali – topo, bue, tigre, coniglio, drago, serpente, cavallo, capra, scimmia, gallo, cane e maiale -, di come si festeggi il capodanno in Italia, e di come si festeggia in Cina. Il cibo, come sempre, è uno dei punti di partenza; le lenticchie a mezzanotte in Italia e in Cina gli gnocchi di riso per cena. Poi i fuochi di artificio, ovunque.

Xiao Xiao mi racconta che viene da Wenzhou, una città nella provincia dello Zhejiang a un’ora di aereo da Shanghai. Google maps, che ha rivoluzionato il modo di pensare lo spazio, mi lascia scoprire la sua provincia. Xiao Xiao mi dice che la comunità cinese che vive a Roma viene principalmente da Wenzhou. Io, che ho visto la Piazza Vittorio dei negozi sotto i portici – da bambino, dalla macchina di mio padre in doppia fila per comprare il vestito della comunione di mia sorella – e quella del mercato multietnico dell’Esquilino e della comunità cinese di oggi, non avevo nemmeno idea che esistesse Wenzhou.  Wenzhou “è stato un importante porto fluviale, oggi è il centro politico, commerciale ed economico più importante del Zhejiang meridionale. Nel 1984″  l’anno in cui io sono nato “per decreto del governo centrale è diventata uno dei quattordici porti aperti agli investimenti stranieri e al commercio”.

Poi parliamo del teatro; faccio vedere a Xiao Xiao le foto dello spettacolo che andremo a vedere e lei mi dice che sua zia è un’attrice di opera cinese, che nel suo paese, in campagna, ha visto degli spettacoli. All’aperto, mai in un teatro.

Una settimana dopo, dopo esser stata al Teatro Argentina, mi porta un foglio. Nel racconto dello spettacolo il nome di Calaf non c’è, il suo nome è “Stranieri”. Lo lascio così. Mi sembra possa raccontare un’altra storia, la nostra.

Luca Lòtano (progetto Spettatori Migranti insegnante di italiano Asinitas Onlus)

– LO SPETTACOLO –

«Siamo andati a teatro la settimana scorsa. Dicevano che c’era una principessa, si chiamava Turandot. Lei era molto cattiva e spietata. Un giorno ha dato tre enigmi. Diceva, solo chi è aristocratico può rispondere. Chi rispondeva giusto poteva sposare la principessa. Ma se chi rispondeva sbagliava, doveva essere decapitato subito. Perciò tutti gli aristocratici dei palazzi reali venivano qui a rispondere ma nessuno è più tornato! Quelle teste erano tutte appese sul muro della città.

Un giorno è venuto un principe povero, si chiamava Stranieri, anche lui voleva rispondere alle domande. In quel momento ha incontrato suo padre e la sua serva Liù. Loro si abbracciavano e piangevano. Suo padre chiedeva: “perché stai qui Stranieri?” e lui ha risposto: “perché amo la principessa Turandot e non voglio vedere più quelle persone che vanno a morire!”. Suo padre ha sentito questa notizia e la sua faccia è diventata subito pallida. Ha detto: “No, non devi andarci, è troppo pericoloso, per te non è possibile rispondere giusto a tutto. Potrai morire!”.  Ma lui ha risposto: “Padre, non devi persuadermi, ho già deciso”. Dopo dieci minuti Stranieri è partito ed è andato nel palazzo. Iin ginocchio davanti al re e alla principessa ha cominciato a rispondere alle domande.

La principessa diceva: “Stranieri fai attenzione, se sbagli una domanda perdi la tua testa”. La principessa lo ha guardato, lui indossava abiti vecchi. Lei odiava Stranieri. Ma Stranieri ha risposto giusto a tutte le domande. La principessa ha avuto paura e poi ha chiesto: “Come ti chiami?” Lui ha risposto: “Principessa, non ti preoccupare. Lo so che non mi vuoi sposare. Anche io non ho intenzione di sposarti. Ma non voglio vedere più nessuno morire! Se prima dell’alba scopri il mio nome, sei libera!”.

Perciò la principessa ha ordinato che chi sa il suo nome e lo dice prende un sacco di soldi! Quella sera nessuno doveva dormire! Alla fine loro hanno trovato suo padre e la serva Liù. Hanno portato loro nel palazzo, la principessa ha torturato la serva, ma alla fine non è riuscita a scoprire il nome perché Liù si è suicidata.

La principessa ha visto che per amore ci si può suicidare. Lei allora ha capito cos’è l’amore e ha pianto. Prima nel suo cuore era fredda, adesso diventava calda. E anche lei ama Stranieri adesso. Stranieri ha visto che Liù è morta per lui. Lui è diventato molto triste e arrabbiato.

Stranieri ha detto alla principessa: “Tu sei troppo cattiva” ma quando la principessa ha chiesto scusa lui non sapeva più cosa fare. La principessa ha detto: “Lo so come ti chiami, ti chiami Amore!”.

Ma io ho visto che loro, alla fine dello spettacolo, non stanno insieme. Ma io penso che dopo tanti anni, loro si sposeranno. Anche se Liù è morta per lui. Perché la principessa è diventata gentile e buona con tutti. Stranieri perdona lentamente. Alla fine loro saranno felici insieme.»

Xiao Xiao Feng (studentessa cinese della scuola di italiano Asinitas Onlus)

alcuni studenti con la compagnia dell’Opera di Pechino

Teatro Argentina, Roma – 6 febbraio 2019

TURANDOT
drammaturgia Wu Jiang e Wu Yuejia
regia e scene Marco Plini
musiche originali Luigi Ceccarelli, Alessandro Cipriani e Qiu Xiaobo
regia per l’Opera di Pechino Xu Mengke
aiuto regia Thea Dellavalle
costumi Jiang Dian
luci Tommaso Checcucci
video Orlando Bolognesi
acconciature e trucco Zheng Weiling

con gli attori della Compagnia Nazionale dell’Opera di Pechino

 

 

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