Giorno 16. I nostri rami toccheranno il sole شاخه های ما به آفتاب می رسد

Picnic sul ciglio della strada. Il diario del laboratorio teatrale di Asinitas con DOM-

foto Luca Lòtano

17 giugno

Ero in ritardo, ma per fortuna, correndo, sono riuscita a prendere l’autobus 105 all’ultimo momento. Dopo la prima fermata, ero davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore. È arrivato un messaggio da Barbara e Julio.

Non so in questi cinque giorni quante persone, da Luca e Fabiana fino ad ora, mi hanno mandato messaggi pieni di amore, supporto e calore, pensando all’Iran. So solo che sono molto, molto ricca ad avere amicə così.

Sono arrivata a scuola. Giorgio, Leonardo, Maria, Federica, Alessandra, Vittoria e gli altri mi hanno accolto con abbracci calorosi e parole gentili.

Ci siamo sedutə attorno a un telo. Federica ci ha dato il nuovo calendario del laboratorio, con spiegazioni chiare, come sempre tutto ben organizzato. Leonardo ci ha ricordato che non facciamo uno spettacolo: condividiamo lo spazio che abbiamo e le nostre esperienze con gli altri. Ha detto che in questi giorni bui del mondo, forse l’arte può aprire una porta più gentile. Una porta per stare insieme un momento e provare luce, chiarezza e pace.

Oggi ci ha spiegato che nel giorno del picnic, ognuno di noi siederà nella -nostra zona- , vicino alle nostre impronte (il nostro pozzo). Avremo alcuni ospiti sconosciuti. Poi, nella nostra lingua madre, raconteremo: cosa abbiamo vissuto in questi quattro mesi di laboratorio teatrale? Cosa ci è successo? Dove ci siamo sentitə a nostro agio e dove abbiamo sofferto? Quali tempeste abbiamo attraversato? Quali punti oscuri abbiamo visto? Cosa abbiamo trovato? Cosa ci ha arricchito? O anche, cosa abbiamo perso?

L’idea è questa: cosa succede quando non capiamo una lingua? Come cerchiamo di capirci? Cosa troviamo in ciò che non capiamo?

Io ho avuto un’esperienza speciale in un festival, Attraversamenti Multipli. Ricordo che per cinquanta minuti, mentre la voce di Salvo Lombardo raccontava durante la performance Breathing Room (qui l’articolo), non capivo le sue parole. Ma cosa ho sentito? Il peso della sua voce, la melodia, la calma, i suoi silenzi, la musica delle sue parole. Ho anche guardato le reazioni degli altri spettatori. Quei cinquanta minuti sono stati come una meditazione per me. Dopo, in un’intervista, abbiamo scoperto che il suo obiettivo era proprio questo: una meditazione con le parole.

Ora gli “stalker” ci hanno chiesto di sederci “nel nostro pozzo” e pensare a cosa diremmo a uno sconosciuto. Ho preso carta e penna e ho iniziato a scrivere. Ho finito con una poesia. Stavo rileggendo la mia poesia quando ho visto Angelo Loy, che sta partecipando come documentarista video. Con gentilezza ha detto: “Sono uno sconosciuto, voglio ascoltare la tua storia”. Io, che la settimana prima avevo perso la voce in viaggio, con gesti e un filo di voce ho detto: “Non ho voce!” Lui, entusiasta, ha risposto: “È bellissimo! Raccontami così!”

Mi sono alzata, ho preso una tazza di tè e ho raccontato, in farsi, la mia storia. Ho finito con questa poesia di قیصر امین پور (Qeysar Aminpour, poeta iraniano):

من به چشم های بی قرار تو قول می دهم؛
ریشه های ما به آب
شاخه های ما به آفتاب می رسد
ما دوباره سبز می شویم .

Io
Prometto ai tuoi occhi inquieti:
Le nostre radici troveranno acqua,
I nostri rami toccheranno il sole,
Fioriremo di nuovo.

I miei occhi si sono riempiti di lacrime. Angelo mi ha abbracciato come un padre gentile e mi ha baciato. La sua dolcezza mi ha portato lontano, in un luogo di dolore ma anche di bellezza

dove Nizar Qabbani (poeta siriano) ha scritto:

لقد صُنع الشرق الأوسط على غرار عينيك الشرقيتين،
مليئ بالهيجان،
حزين،
مُتعب،
وجميل
جمیل
جمیل

Hanno creato il Medio Oriente
A imitazione dei tuoi occhi orientali:
Pieni di passione,
Tristi,
Stanchi,
Belli,
Belli,
Belli.

In tutti questi anni, ho ingoiato ogni singhiozzo e sono stata paziente. Continuo a essere paziente, e voglio solo che, nel giorno in cui il mio popolo sceglierà la libertà della mia patria, io possa piangere di gioia, di entusiasmo, di luce.

Zara Kian

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