Spettatori Migranti al Teatro Biblioteca Quarticciolo per la visione di Biancaneve, tra fiabe africane e musiche.
Il 28 novembre 2017 al Teatro Biblioteca Quarticciolo è andato in scena Biancaneve, primo spettacolo di figura della storica compagnia Teatro del Carretto. Biancaneve è stata così la prima fiaba che ci siamo raccontati con i ragazzi del Centro d’Accoglienza Straordinaria Casilina 1 e Codirossoni, e che poi abbiamo visto tra i burattini e la macchina scenica di Graziano Gregori e la regia di Maria Grazia Cipriani; poi ognuno, durante gli incontri prima e dopo lo spettacolo, ha provato a raccontare una favola o una fiaba origniaria del proprio paese, ché raccontandosi le storie ci si avvicina. Qui sotto ne scriviamo alcune, dal Mali, dalla Somalia, dalla Guinea Conakry e dal Senegal. Ad ognuna abbiamo affiancato una traccia audio di Baba Sissokò, griot maliano emigrato in Italia che oggi vive in un paesino della Calabria e nel quale porta avanti la tradizione, le storie, la musica, di padre in figlio, quella tradizione orale che continuerà a raccontarci chi siamo.
JINE BILEN – storia maliana raccontata da Yaya
ascolto per la lettura
La notte per fare dormire i bambini mia nonna usava una storia che si chiama Jine Bilen, che in Bambarà – la lingua che parliamo – significa Diavolo Rosso. C’era una volta una signora che mangiò tutti i suoi bambini e alla fine, dopo averli mangiati, voleva mangiare anche i bambini degli altri perchè non sopportava che gli altri avessero i loro figli e lei non li avesse più; quindi, voleva mangiare tutti i bambini che vedeva. Jine Bilen è invisibile ma la sua voce si sente, la notte se un bambino non vuole dormire o vuole uscire per andare a fare un giro la mamma gli dice «cucciolino dormi, perché se non dormi e vai in giro Jine Bilen viene a prenderti» così il bambino ha paura e non esce più, e alla fine dorme stretto stretto alla mamma.
IL VIGLIACCO SOMALO – storia somala raccontata da Haji
ascolto per la lettura
C’era una volta un uomo chiamato Egal Shidad. Era notte e Egal Shidad stava viaggiando nella campagna quando vide qualcosa che sembrava un leone seduto al centro del sentiero. Essendo un codardo pensò «Oh! Questo è un leone!». Egal Shidad rimase lì dove era, prese il suo scudo e la lancia e si preparò a combattere il leone. Gridò ad alta voce, cercando di spaventare il leone, ma non riusciva a spaventarlo e non c’era nessun altro lì con lui, era solo. Egal Shidad era troppo spaventato per passare e continuare ad andare avanti, così rimase lì tutta la notte. Al mattino, quando alla luce del sole vide che la figura che sembrava un leone era in realtà il ceppo di un albero, si avvicinò e disse:«Ceppo, vedo soltanto ora che tu sei questo, ma quello che ho visto stanotte era qualcosa di molto diverso. Pensavo che tu fossi un leone e che mi volevi attaccare, ma sei solo un ceppo. Io non viaggerò più di notte».
UNA MADRE E I SUOI FIGLI – Storia della Guinea Conakry, raccontata da Mohamed
ascolto per la lettura
C’era una volta una regina. Lei diceva che non voleva un marito con delle cicatrici sul corpo. Un giorno il diavolo ascoltò le parole della regina e così si trasformò in un bellissimo uomo senza cicatrici. Lui si presentò alla regina e lei se ne innamorò subito, dopo qualche tempo si sposarono. Appena sposati il diavolo la portò a fare una passeggiata nel bosco. Arrivati nel bosco lui cambiò le sue sembianze e diventò di nuovo un diavolo e disse alla regina: «Io non sono un essere umano, ma il diavolo!». Lei iniziò a piangere disperata e a cantare: «Ambulanti, ambulanti! quando tornate al villaggio dite a mio padre e a mia madre che l’uomo che ho sposato è il diavolo». Mentre cantava queste parole, passava di lì un mercante che sentì i lamenti della donna; quando si avvicinò la regina gli chiese di riportarla a casa dai suoi genitori. Il diavolo, però, disse al mercante che la donna era una bugiarda perché lui aveva chiesto la mano della ragazza e i genitori gliela avevano concessa. Il mercante ritornò al villaggio e raccontò i fatti a tutti quanti. Allora i ragazzi più giovani e forti andarono nel bosco, spararono al diavolo e riportarono la regina a casa che alla fine sposò il mercante che l’aveva salvata.
YOUSSOUF E BOUNEYAMAINI – storia senegalse raccontata da Yaya
ascolto per la lettura
C’era una volta una famiglia con dodici figli. Il padre si chiamava Yacouba e il figlio preferito si chiamava Youssouf. Yacouba aveva due mogli; con la prima moglie aveva dieci figli maschi e con la seconda moglie ne aveva due: Youssouf e Bouneyamaini. Youssouf e Bouneyamaini erano gli ultimi figli della famiglia.
La madre degli altri dieci figli parlava sempre male di Youssou e Bouneyamini, perché era gelosa dell’amore che il padre aveva per gli ultimi due figli.
La famiglia aveva tante pecore e ogni giorno i fratelli maggiori le portavano nei prati per farle mangiare l’erba.
Un giorno i fratelli parlarono tra loro e decisero di dire al padre che anche Youssouf doveva andare con loro nei prati a portare le pecore, per conoscere il mondo, dicendo al padre di fidarsi perché loro se ne sarebbero presi cura.
Il padre disse «Io ho paura perché ci sono tanti lupi e animali cattivi che mangiano le persone. Mi raccomando, non lasciate solo Youssouf». Ma i fratelli, che erano gelosi di Youssouf, avevano deciso di buttarlo dentro a un pozzo e poi di dire al padre che il fratello era stato mangiato dagli animali.
I fratelli andarono con Youssouf nel bosco e lo lanciarono in un pozzo; poi presero una pecora, le tagliarono la gola, presero i vestiti di Youssouf e li sporcarono di sangue per far finta che un animale lo aveva mangiato.
Aspettarono poi che il sole tramontasse per tornare a casa. Quando di notte tornarono a casa andarono dal padre piangendo, e raccontarono che Youssouf era stato mangiato dagli animali.
Suo padre per me ha fatto un errore. Quando hai dodici figli non puoi dire di avere un figlio preferito, perché tutti capiscono che il tuo cuore è solo per lui e così lo metti in pericolo. Conserva nel tuo cuore il tuo amore.
Leggi anche il racconto dello spettacolo: Biancaneve del Teatro del Carretto. Il tempo e la meraviglia